CREMASCHI CONTRO TUTTI

UN DIBATTITO SCONCERTANTE

Vogliamo parlare- seppur con qualche giorno di ritardo perché c’è voluto un po’ per superare lo sconcerto- della puntata andata in onda il 10 ottobre su TeleTutto, la maggior emittente televisiva bresciana, della serie “Messi a fuoco”. Si tratta di un programma di attualità che analizza i temi più caldi del momento con ospiti in studio e collegamenti in diretta.

Partendo dal titolo «Palestina, l’impegno per la pace», si è discusso accesamente del conflitto mediorientale e delle prospettive di dialogo internazionale.

In studio sono intervenuti David Elber, studioso locale che svolge “ricerca storica indipendente sull’antisemitismo, storia di Israele e Medio Oriente”, Giorgio Cremaschi, componente dell’ Esecutivo Nazionale di “Potere al Popolo” nonché direttore di “Brescia del Popolo”, e il giornalista Salvatore Montillo. In collegamento via internet hanno parlato Alfredo Bazoli, senatore del Partito Democratico, e Giangiacomo Calovini, deputato di Fratelli d’Italia, più alcuni esperti di geopolitica e testimoni della tragedia di Gaza. Il conduttore della trasmissione Andrea Cittadini ha moderato il dibattito. Durante il quale l’ intero campionario dell’ Hasbara (propaganda) sionista ha avuto modo di dispiegarsi. Coraggiosamente contrastato tuttavia, per quanto era nelle sue possibilità, poiché si è ritrovato a ribattere da solo a tutti gli altri, da Cremaschi.

UN RICERCATORE MOLTO SIONISTA

Abbiamo potuto così apprendere da Elber che la Storia ha avuto inizio il 7 ottobre 2023 con le” efferatezze senza eguali” compiute da Hamas. C’è stata poi in risposta una “guerra dura” condotta da Israele, perché Gaza è una “hub del terrorismo”. L’ intera popolazione del posto è complice, perciò ben gli sta se le viene impartita una bella lezione. Il genocidio non esiste, è un’invenzione dei ProPal. L’ IDF infatti  avverte sempre, lanciando volantini o messaggini sui cellulari, i residenti prima di radere al suolo palazzi, scuole, ospedali, centri di assistenza. E del resto, se ci fosse volontà genocidaria, perché Israele non ha sterminato da un pezzo i due milioni di Arabi che vivono all’ interno del suo territorio?

Anche l’apartheid ai danni degli Arabi che vivono in Palestina è un’altra invenzione della propaganda terroristica. I confini con filo spinato e mura di cinta che circondano i brandelli di quello che sarebbe dovuto essere l’eventuale territorio dello Stato di Palestina sono sorti per questioni di sicurezza. Come hanno fatto anche gli Spagnoli a Ceuta e Melilla. Allora perché i ProPal non scendono in piazza per protestare contro la Spagna? Anzi, sono gli Ebrei che vivono in condizioni di apartheid, perché non possono entrare nelle enclaves palestinesi.

Il ricercatore ha proseguito affermando che Maḥmūd ʿAbbās- illegittimo presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese perché dal 2005 non ci sono state più elezioni- destina il 30% del budget dell’ANP per pagare sicari che assassinano gli Ebrei. Perciò è peggio lui che Ben-Gvir. E fuori dalla legalità internazionale si collocano pure i 157 Paesi aderenti all’ ONU che hanno riconosciuto lo Stato di Palestina (ultimi arrivati Gran Bretagna, Francia, Australia e Canada), poiché né la Conferenza di Sanremo del 1920, né gli Accordi di Oslo del 1993 prevedevano la nascita di tale Stato.      

PIENA SINTONIA

Il deputato di Fratelli d’ Italia Calovini non poteva che condividere la narrazione di Elber, aggiungendovi di suo qualche altro elemento illuminante. Ad esempio quello della oculata leadership internazionale di Trump. O quello del ruolo significativo della Meloni, secondo lui interlocutrice che ha contribuito tanto, in piena sintonia con il presidente degli USA, al raggiungimento dell’attuale “Piano di Pace”.

Quanto al resto, ha lamentato la scarsa compattezza della UE nell’ appoggio incondizionato ad Israele, “unica democrazia del Medio Oriente”. C’è stato infatti un atteggiamento accondiscente degli Europei rispetto ai diritti dei Palestinesi. Inutile peraltro, dato che tanto decide Trump. Riguardo alle sanzioni contro Israele, anche quelle sarebbero sbagliate, in quanto poco si può fare, dal momento che di poco conto risultano- a detta del deputato- gli affari della UE con lo Stato sionista. In ogni caso molti meno che con la Russia, contro la quale invece bisogna continuare a sfornare “pacchetti” sanzionatori. Infine Calovini ha stigmatizzato come sia rimasto in secondo piano il dramma degli ostaggi israeliani, mentre si è concentrata l’attenzione sulla situazione dei Gazawi, compatibile con le inevitabili conseguenze di una guerra in atto.

UN POLITICO NAVIGATO

Più prudente il senatore del PD Alfredo Bazoli, ultimo esponente di una  navigata dinastia politica cattolica bresciana.

Ha espresso infatti soddisfazione e speranza per gli scenari di pace che si prospettano dopo “il selvaggio attacco di Hamas”, ma ha anche ammesso che la reazione di Israele è stata esagerata. Ha auspicato inoltre un maggior impegno degli “attori internazionali”, in particolare della UE, finora assente, per l’implementazione del processo che porti alla soluzione dei “Due Stati e Due popoli”.

UN RICHIAMO AL BUON SENSO E AL SENTIMENTO DI UMANITA’

Di fronte alla valanga propagandistica sionista nelle sue varie sfumature, Cremaschi- oggettivamente interprete, in questa occasione, del comune sentire di quelle decine di migliaia di Bresciani che sono scese in piazza per manifestare contro ciò che sta accadendo a Gaza e in Cisgiordania e contro la ferocia delle soldataglie sioniste- non ha potuto far altro che ribadire alcuni concetti di puro buon senso.

In primo luogo un accordo di pace in Palestina vuol dire risolvere la questione dell’autodeterminazione dei Palestinesi stessi, in modo tale da garantire per loro uno Stato realmente indipendente. Mancando questa condizione, la pace non ci sarà. Si tratterà di una tregua, più o meno prolungata. Un’ amministrazione neocoloniale ottocentesca non può essere certo la soluzione del problema. E bisogna riconoscere che la pressione dell’opinione pubblica mondiale un po’ ha contato nel sensibilizzare le coscienze sulla tragicità della situazione in Medio Oriente e nell’ arrivare almeno ad un cessate il fuoco. Ma sono i governi occidentali che, se volessero, interrompendo rapporti economici e forniture di armamenti ad Israele, potrebbero imporre sul serio alle soldatesche sioniste di fermarsi davvero nelle loro orrende carneficine.

Ha poi ricordato il fatto incontestabile dell’ occupazione illegale dei territori arabi conquistati dopo la Guerra dei Sei Giorni (1967). Lì Israele ha imposto un regime di occupazione militare e controlla tutte le fonti energetiche, idriche, le principali vie di comunicazione, mentre i “coloni” rosicchiano giorno per giorno nuovi appezzamenti di terra strappandoli ai Palestinesi con la violenza. Che senso ha parlare di elezioni in Cisgiordania o a Gaza fin quando permangono simili condizioni?

Cremaschi ha anche sottolineato come non siano i manifestanti ProPal a inventarsi il genocidio. La Corte Penale Internazionale ha spiccato mandati di cattura nei confronti di Netanyahu e dell’ ex-ministro della Difesa Gallant per crimini di guerra. La Corte Internazionale di Giustizia, principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, su richiesta del Sud Africa e del Brasile, ha aperto un procedimento contro Israele proprio per genocidio, rilevando come lo Stato sionista sia imputabile di tre delle cinque condizioni previste per definire la presenza di tale gravissimo reato.

C’è soprattutto l’aspetto umano e morale. Quello che ha fatto scattare l’indignazione delle masse popolari nel mondo. Si possono liquidare lo sterminio sistematico di neonati, bambini, medici, malati, giornalisti attuato da parte delle soldataglie sioniste fanatizzate in una sorta di culto della morte, e la carestia indotta, come “effetti collaterali” di un conflitto? Con quale cinismo, con quale ipocrisia si può ributtare la responsabilità di tutto questo incontenibile orrore, cui quotidianamente assistiamo da due anni in diretta streaming, su “Hamas che si fa scudo dei civili”?

Quanto poi alle “ricostruzioni storiche” emerse nel corso della trasmissione, è doveroso ricordare che la costituzione in Palestina di una nazione per il popolo ebreo, prevista nei Trattati internazionali degli Anni Venti del Novecento, era chiaramente intesa nel senso che nulla avrebbe dovuto essere fatto a pregiudizio dei diritti civili e religiosi delle comunità arabe, oltreché cristiane, esistenti in Palestina.

In questo senso, il Libro Bianco del 1922 chiarì che la “Dichiarazione Balfour” del 1917, la quale assunse validità legale nel momento in cui venne inclusa dalla Società delle Nazioni nel Mandato di Palestina, “non prevede che la Palestina nel suo complesso debba essere convertita in una patria nazionale ebraica, ma che tale casa dovrebbe essere fondata ‘in Palestina’ “. Tutti “dettagli” omessi durante il dibattito televisivo dallo “studioso indipendente dell’antisemitismo”.

Però non c’è da preoccuparsene più di tanto. Perché risulta ormai sempre più chiaro ovunque alla maggior parte dell’ opinione pubblica di che cosa sono stati capaci i sionisti nel corso dei decenni di occupazioni a danno della popolazione araba.

In conclusione, Cremaschi ha affermato che è evidente quali possano essere le prospettive di soluzione della “Questione palestinese”. O sorgono due Stati a base etnico-religiosa, ma allora le centinaia e centinaia di migliaia di “coloni” sionisti abusivi presenti in Cisgiordania se ne devono tornare in Israele. O si forma uno Stato federale a carattere laico e democratico, ma allora in caso di elezione di un primo ministro arabo gli Ebrei devono riconoscerlo e viceversa.

Ad ogni modo, anche questo dibattito bresciano ha rivelato l’ abisso che ormai divide- pure a livello locale- gli apparati istituzionali da quello che è il sentire delle persone comuni rispetto a ciò che sta accadendo a Gaza e in Palestina.

FRANCESCO ROVARICH