ITINERARI BRESCIANI – LA FRECCIA ROSSA

PER UNA STORIA DEL PARTITO UNICO DEGLI AFFARI

Da quando ha iniziato le sue pubblicazioni, “Brescia del Popolo” propone una interpretazione delle vicende della città Leonessa. Esiste, cioè, una sorta di Partito Unico degli Affari che domina il capoluogo. Esso però è abilmente articolato in due schieramenti. Si tratta della destra e del centrosinistra, coalizioni rivali nella competizione per la conquista dell’amministrazione locale, ma che condividono le scelte di fondo in ambito economico. L’ obiettivo del Partito Unico degli Affari, come dice l’ espressione stessa che abbiamo utilizzato per indicarlo, è la conclusione di lucrose imprese commerciali e finanziarie, a prescindere dalla loro effettiva utilità per gli abitanti (per non parlare per dell’ ambiente).

PELLEGRINAGGIO E MEMORIA

In questo senso, la vicenda della Freccia Rossa è emblematica. Un pellegrinaggio in quel luogo della città è consigliabile per meditare sul recente passato, sul presente e sul futuro di Brescia.  

Toccò al sindaco di destra Paroli nel 2008 la solenne inaugurazione con tanto di soubrette televisive, anche se non era stata sua l’idea di trasformare l’ex acciaieria Atb in un centro commerciale, che della fabbrica manteneva le otto arcate dei capannoni.

E qualche vago richiamo alla vocazione industriale di un tempo. Come dimenticare i lavandini dentro le gomme (pneus Pirelli) e sormontati da specchi incastonati in cerchioni di auto? Ma anche le chiavi a stella, le pinze, i cacciaviti e i vari accessori per l’auto appesi alle pareti. I primi bagni del Freccia Rossa erano stati concepiti come una sorta di box della Mille Miglia. Richiamo non casuale, naturalmente: il nome del centro commerciale era infatti un omaggio alla città della cosiddetta corsa più bella del mondo.

Il progetto veniva dalla sindacatura precedente di centrosinistra, quella di Paolo Corsini. 

Un investimento complessivo pari a 144 milioni di euro portato avanti da imprenditori privati.  130 esercizi commerciali, di ristorazione, di servizio, con 23 ristoranti, una multisala e un parcheggio da 2.500 posti. Su una superficie lorda dell’area  di 49.000 mq. La superficie di pavimento del centro commerciale  di 30.000 mq. La superficie di parcheggio di 80.000 mq.

Per la verità, l’opinione pubblica locale, all’ epoca, non aveva nascosto le sue perplessità. Ci si chiedeva a che cosa potesse servire un megacentro commerciale in mezzo a Brescia, che avrebbe prodotto un aumento del traffico già di per sé fin troppo consistente. Si temeva lo spopolamento dei negozi delle zone limitrofe. Tanto che i commercianti del centro storico, a ridosso dell’apertura, promossero una serrata generale. Alle obiezioni fu risposto, dal Partito Unico degli Affari, con promesse da capogiro. Si attendevano  7 milioni di consumatori all’anno. Il gigantesco parcheggio avrebbe offerto grandi vantaggi per la gestione del traffico cittadino.

Quanto alla perdita di appeal dei piccoli esercizi commerciali, si disse che era la solita lagna dei bottegai. Recentemente ha trovato però una quantificazione da parte della Confcommercio: 1600 negozi chiusi per sempre.

Perfino il Covid fece scoprire al Freccia Rossa una dimensione inattesa: la vocazione sanitaria. L’ ultima delle destinazioni d’uso che ci si poteva immaginare. Quella del centro per i tamponi. Di lì infatti passarono centinaia di insegnanti e agenti delle forze dell’ordine per i test anti-covid.

L’ AGONIA

Ma fu una sorta di canto del cigno. Dopo quel momento, ripiombò il silenzio. Eh sì. Perché già prima degli anni della pandemia, l’agonia del colosso del consumismo era cominciata.

Solo al piano terra c’ erano vetrine illuminate. Poche. Si vendevano dischi e cd come se la hall fosse un mercato di ambulanti. Le scale mobili giravano a vuoto.

La chiusura delle attività nell’ arco di poco più di una decina d’ anni era stata un trauma per titolari e dipendenti.

Un trauma accompagnato dagli immancabili strascichi legali, con situazioni varie. Canoni arretrati, contratti al centro di contestazioni, licenziamenti, sindacati che lamentavano l’assenza di un tavolo con la proprietà e l’Amministrazione comunale,

Di certo, la concorrenza di un altro mastodonte del consumismo nostrano, Elnòs di Roncadelle, a partire dal 2016 e la congiuntura poi dettata dalle spietate regole del lockdown  avevano raso al suolo  il modello di business perseguito per 14 anni. Anche i frequenti episodi di microcriminalità che avevano spesso per protagonisti gli extracomunitari circolanti in zona stazione avevano creato una cattiva fama attorno a quello che era stato concepito come un santuario del consumismo.  I sempre più affannosi tentativi di rilancio condotti da società specializzate studiando nuovi “concept” che consentissero alla Freccia Rossa il “riposizionamento nel mondo retail” non avevano sortito alcun effetto.

Nel 2023, così, il  centro commerciale Freccia Rossa era ridotto ormai ad un’enorme scatola vuota di cui non si sapeva più che cosa fare.

La struttura, chiusa anche formalmente dopo il deposito dell’istanza per la «liquidazione giudiziale», appariva niente più che un inquietante ecomostro urbano posto a ridosso della stazione centrale, con scale infestate dalle erbacce.

Persone in grave difficoltà e con tossicodipendenze cominciavano ad abitare il parcheggio e gli spazi vuoti che si trasformavano  in una base dello spaccio di eroina, crack, cocaina  a due passi dalla stazione e dal centro storico. Si susseguivano sgomberi e controlli delle forze dell’ordine, che cercavano di chiudere ogni accesso alla struttura.

Triste e repentina fine per quello che nelle intenzioni degli uomini d’affari e dei politici locali sarebbe dovuto diventare  «un punto di riferimento per i centri commerciali di tutta Italia».

LA CAMPAGNA ELETTORALE DEL 2023

Il tema entrò così nella campagna elettorale per la Loggia della primavera 2023. Il problema di cui discutere, per i due candidati del Partito Unico degli Affari, Rolfi e Castelletti, fu ovviamente quello della sicurezza della zona. Intervenne allora la prefetta Maria Rosaria Laganà per rassicurare l’impegno delle istituzioni a ristabilire l’ordine nell’ edificio e dintorni.

Non un minimo di ripensamento sulle scelte compiute solo pochi anni prima. Per la verità, furono lanciate anche proposte che aprivano una possibilità di uso a fini pubblici della struttura. La destra ipotizzava di introdurvi la sede unica del Comune, il centrosinistra un polo sanitario del Civile. Naturalmente si trattava delle classiche promesse da campagna elettorale. La neosindaca Castelletti provvide infatti ad archiviare tutto, in attesa che il mercato risolvesse la questione.

INSISTERE COL MERCATO

Dopo varie aste andate a vuoto, qualche cosa infine si è mosso.

L’immobile che ospita la palestra Virgin Active è stato venduto nel giugno 2024. L’attività sportiva proseguirà nell’immobile che si affaccia sul piazzale di via Ugoni.

Infine, nell’ asta del 27 settembre 2024, quando si poteva acquistare l’immenso immobile del centro commerciale ad un prezzo sempre più ribassato, la cessione è avvenuta. Dall’ iniziale valutazione di 29 milioni di euro, si è dovuti scendere a poco più di 16 milioni di euro.

Tutto è ancora nel vago quanto a cose concrete.

Inizialmente la società che ha proceduto all’ acquisto aveva affermato di avere intenzione di effettuare un “rilancio” su basi nuove. Il modello da seguire stavolta, si diceva, sarà diverso da quello di polo commerciale varato 17 anni fa.

Poi si è saputo che l’ideona innovativa su cui si basa la ristrutturazione in atto consisterebbe nel far nascere “un grande mercato coperto”, con negozi e ristorazione, centri culturali e spazi per esposizioni, aree per famiglie e bambini. Un “polo attrattivo” per tutta la provincia. Anzi di più: “un polo di attrazione internazionale, con un focus su Brescia come città culturale e turistica”, per il quale pare ci sia un dialogo attivo con Palazzo Loggia.

Insomma, più o meno quello che c’era prima, con la solita grancassa di accompagnamento che aveva caratterizzato l’ infelice esperienza precedente . E con il rischio di fare il bis del primo mega fallimento .  Ma quando ci si affida fideisticamente e ideologicamente alla “mano invisibile del mercato”, i risultati non possono essere che questi.

REDAZIONE