Purtroppo è andata. Agnelli-Ellkan hanno venduto il marchio IVECO del settore civile- una delle prime aziende mondiali nel campo dei veicoli commerciali, mezzi cava/cantiere, autobus- a TATA Motors per 3,8 miliardi. La “parte militare” è finita a Leonardo, in quanto solo quella è stata considerata dal governo “settore strategico” degno di intervento.

Meloni per il risiko bancario, vale a dire per gli affari che la interessano, il Golden Power non si è fatta problemi a usarlo. Su IVECO civile invece ha rivestito il ruolo, che ben le si addice, di cameriera.
Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha fatto finta di interessarsi alla vicenda con qualche comunicato di prassi e la “convocazione dei sindacati ad un tavolo”.
I sindacati CGILCISLUIL stessi mai veramente pervenuti, se non a vendita raggiunta, con qualche presa di posizione di rito.
Il classico teatrino già visto decine di volte.
Così anche il più grande sito industriale bresciano è caduto nelle mani di padroni indiani, tra la sostanziale indifferenza generale, a metà estate.

Gli stabilimenti non chiudono, non viene licenziato nessuno, niente esuberi, il brand rimane uguale. Per il momento. Resta infatti ignoto se e che tipo di investimenti farà TATA. Che ricadute ci saranno tra qualche tempo sui posti di lavoro e sulle tecnologie nazionali?
La narrazione, del resto, è la stessa di Pirelli, Marelli, Indesit, Italcementi, Parmalat.
Operai, tecnici, impiegati vanno avanti a lavorare in Italia, ma intanto il know-how vola via, le decisioni vengono prese in un altro paese, si delocalizza dove tutto costa meno, perché in altre parti del mondo non esiste neppure l’ idea dei diritti dei lavoratori.
Questo succede da vent’anni, se non vogliamo proprio dire dall’ introduzione dell’ euro.
Quello che sappiamo fare bene solo qua viene venduto. Riuscire a reggere la competizione del mercato con concorrenti che operano in Paesi a zero tutele e controlli è troppo complicato. Ci sarebbe da aprire un dibattito comunque su come gli Agnelli abbiano svenduto enormi settori produttivi del nostro Paese a partire dalla Fiat vera e propria per passare a Magneti Marelli o Comau, veri gioielli industriali.
Ci ritroviamo infine a fare i conti con la svendita di un’intera rete produttiva che ci impoverisce economicamente e ci priva di una storia imprenditoriale fatta sulla qualità.
In un’ Italia governata dai cosiddetti sovranisti, paradossalmente “sovranità industriale” è diventata un “termine tabù”.
C’è solo da sperare che i millennial che decidono di invecchiare qui dopo aver guardato tanto altrove, continuino a credere nella produzione artistica e artigianale, nella creatività e nell’innovazione che da sempre hanno caratterizzato l’attrazione per l’Italia nel mondo e superino quelle stupidaggini che vogliono convincerci che credere in ciò che si è stati significhi essere arretrati. Arretrare è prendere la rincorsa.
Come “Potere al Popolo!” non possiamo accettare lo stereotipo dell’ Italia paese per turisti, con le eccellenze della pizza e del mandolino. Per noi qui a Brescia la lotta sull’ IVECO è appena iniziata. Non resteremo in silenzio.
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