UN MANIPOLO DI CORAGGIOSI
Il 21 luglio anche una delegazione di “Potere al Popolo!” di Brescia e Provincia ha partecipato al presidio, organizzato dalle compagne e dai compagni di Milano, fuori da Palazzo Marino, in concomitanza con il Consiglio Comunale.
Una presenza doverosa, considerando i forti legami del sindaco Sala con il patriziato della Città Leonessa, in particolare con una delle sue famiglie più potenti, quella dei Bazoli. E considerando soprattutto il fatto che la tendenza della Giunta Castelletti a Brescia sembra sempre più quella di ispirarsi al “Modello Milano”.

Certo, di fronte a ciò che sta succedendo e con la visibilità che sta avendo lo scandalo urbanistico, l’inerzia e il disinteresse dei Milanesi dominano incontrastati. Verrebbe voglia di dire che siamo oltre ogni decenza.
Ma è comunque un segno di speranza la presenza di un manipolo di persone, in larga prevalenza giovani, che si ritrovano a manifestare. E lo fanno per gridare il loro sdegno, per dire chiaramente che la Giunta meneghina si deve dimettere, che il modello di città a misura di speculatore, edificato nell’ ultimo trentennio da centrosinistra e centrodestra indifferentemente, va gettato nella spazzatura e sostituito con un altro.

LA BUFALA DEL “MODELLO MILANO”
Milano è stata pubblicizzata in questi anni come una città all’avanguardia nel mondo, un modello di sviluppo urbano e innovazione capace di attrarre investimenti, grazie a un “ambiente favorevole all’innovazione e alla crescita”. Oltre ad essere divenuta uno dei principali mercati finanziari d’Europa, Milano è diventata la città che supporta “un ecosistema vivace di start-up e imprese tecnologiche, con numerosi incubatori e acceleratori”, un centro della moda, dei designer, delle belle modelle o aspiranti tali che si mostrano in Galleria. Un simbolo di glamour, insomma, che attira “appassionati” da tutto il mondo.
Ma questo mondo dell’aria fritta patinata di per sé non è decisivo. E’ solo la prima linea della propaganda. Ben più consistente e concreto risulta il settore dell’urbanistica. In questo ambito è stata diffusa la narrazione secondo cui esso, nel capoluogo lombardo, “si è evoluto per rispondere alle esigenze di una metropoli moderna”, sicché “la pianificazione territoriale ha coniugato l’espansione urbana con la sostenibilità ambientale”. Ciò sarebbe avvenuto mediante progetti di rigenerazione, che avrebbero “trasformato aree industriali dismesse in spazi vivibili e sostenibili”. In questo senso, al centro delle nuove costruzioni, sarebbero “l’integrazione di spazi verdi e l’attenzione all’efficienza energetica”.
LA REALTA’ DEL “MODELLO MILANO”
La realtà è ben diversa. Nonostante il suo benessere economico, Milano si trova a dover sopportare enormi disuguaglianze sociali. Grandi quartieri periferici soffrono di povertà e mancanza di servizi. L’aumento dei costi abitativi ha spinto molte famiglie a lasciare il centro città. La domanda di alloggi a prezzi accessibili è infatti in continua crescita, creando tensioni nel mercato immobiliare. Tant’ è che a Milano avviene, oggi, il 40% delle compravendite di beni immobiliari sopra il milione di euro di tutta Italia. E 20 metri quadrati di miniappartamento si pagano fino a 1.200 euro al mese.
I prezzi elevati degli immobili rendono evidentemente difficile per molte persone anche con lavoro regolare (insegnanti, impiegati, operai) trovare una sistemazione adeguata. Mentre la disponibilità di alloggi pubblici limitata aggrava ulteriormente la situazione.
QUESTIONE GIUDIZIARIA
Se io incarico un ingegnere, che deve seguire la costruzione di una mia casa da parte di un’impresa edile e deve quindi controllare quest’ultima, in pratica come direttore dei lavori, poi scopro che questo ingegnere fattura molti soldi per incarichi ricevuti da quella stessa impresa, mi faccio venire qualche dubbio o no? (Ma lo stesso ragionamento vale anche per l’amministratore del nostro condominio).
Immaginiamoci allora un assessore ed un presidente di commissione edilizia che devono sovrintendere all’urbanistica a fronte di interessi colossali e che si trovano nella situazione di cui sopra. Ecco, questo in sostanza succede con il “Modello Milano” della Giunta Sala.

A Milano, però, il centrosinistra si trincera sulla mancanza di una condanna penale definitiva, lanciando anch’esso, come la destra, la palla alla tanto vituperata giustizia.
A prescindere dall’esistenza di reati, che sarà verificata dai tribunali, perché non si considera il dato pacifico ed ammesso da tutti, che il presidente della Commissione Edilizia, nominato dal Sindaco, prendeva incarichi professionali dalle imprese cui dava il benestare per i grattacieli in commissione? Siano o non siano “tangenti fatturate”, come si dice oggi, non è questo il centro della questione?
E si potrebbe pure parlare del fatto che, secondo calcoli accademici, negli ultimi anni a Milano si è costruito come nelle regioni Piemonte e Toscana messe assieme, in un vortice di 17 milioni di metri cubi edificati, 3,9 milioni di euro in consulenze, 10 milioni di euro di capitale gestito da COIMA, società specializzata nell’investimento, sviluppo e gestione di patrimoni immobiliari per conto di investitori istituzionali, il cui Ceo è quel Manfredi Catella tra i principali indagati dall’ inchiesta della magistratura.
Nello specifico, per altro, è da ricordare come l’ attuale Sindaco fosse stato il Direttore Generale con la Moratti Prima Cittadina, quando vi fu la condanna della Corte dei Conti causa svariati danni erariali per le cosiddette “consulenze d’oro”…
LA CRISI ECONOMICO-SOCIALE PROVOCATA DAL “MODELLO MILANO”
Quindi la questione fondamentale che sta emergendo non è giudiziaria, è politica e sociale. Riguarda appunto il “Modello Milano”, che unifica destra, centro e sinistra, attorno a interessi precisi, trasversali. Questi tre schieramenti presunti avversari si sono perciò trasformati nel corso del tempo in tre articolazioni del Partito Unico degli Affari.
Limitiamoci ad alcuni aspetti macroscopici.
Sala e la sua maggioranza hanno usato il territorio in maniera sconsiderata, per attrarre gente che usa la città come si usa un taxi, per arrivare da qualche parte. L’idea era ed è quella di una Milano che attira “gente in carriera”, ricchi, “creativi”, i quali la usano appunto per questo.
Sala, la sua maggioranza e la loro archistar di riferimento, Stefano Boeri, hanno una concezione classista, carica di disprezzo verso i ceti popolari, ridotti a “senza casa”.
LE CONVERSAZIONI TRA SALA E BOERI
In questo senso, che i risvolti giudiziari siano secondari lo chiarisce ancora meglio la chat, di pieno interesse pubblico, tra Boeri e Sala.
Così, Boeri dice a Sala in una delle sue conversazioni: “Più trattiamo con i guanti gli homeless e più ne arrivano. C’è una costante migrazione verso Milano”.
L’odio verso i poveri, la loro espulsione da Milano, non sono un effetto collaterale, sono un obiettivo plasticamente esemplificato da quelle parole.
E Sala risponde: “Capisco, in questi giorni faccio il punto”.
Non occorre alcun giudice per dare una valutazione politica su simili individui e su Elly Schlein, che dopo un breve silenzio si è decisamente schierata a loro difesa insieme a tutto il PD. Si tratta di gente che veste calze colorate, parla di inclusione, ma sente, pensa e agisce per il Partito Unico degli Affari.
Boeri, poi, informa Sala che ha provveduto a non fare pubblicare dal “Corriere della Sera” un certo articolo, che avrebbe potuto diffondere certe idee sgradite. E allora la democrazia, la libera stampa, i valori dell’Occidente? Ma non è in Iran che avvengono queste cose? O nel Venezuela di Maduro?
Eppure, ancora si sente dire in città che non schierarsi con Sala, significa non voler fermare i fascisti, le destre becere… No, tutti coloro che hanno fatto e fanno campagna per Sala non possono essere che o collusi o cialtroni. Non si dà terza possibilità.
Le parole di Boeri sarebbero potute arrivare da un leghista o un fascista qualsiasi. Invece arrivano da uno dei campioni del “progressismo” milanese. E il sindaco, invece di ribattere ad un simile personaggio come avrebbe meritato, “capisce”.
Per fare affari i poveri sono un ingombro di cui liberarsi. Da quelle parole traspare non lo schifo per la povertà, ma proprio per le persone povere, che se sono tali è giusto che sia così, perché fallite, in quante non sono state capaci di diventare ricche… E se osano alzare la voce, protestare, denunciare la propria condizione ed indicarne i responsabili lo fanno per “invidia”. Questa la mentalità.
É la rappresentazione perfetta di cosa sia stato il “progressismo milanese” degli ultimi trenta anni. Una finzione avallata da troppi che dovrebbero solo vergognarsi, chiedere scusa per avere sostenuto questi personaggi e togliersi dalla circolazione.
Il fatto stesso che Sala o Boeri possano anche solo essersi minimamente accreditati come persone di sinistra dovrebbe indurre tanti a nascondersi.
Certo, dopo quelle parole diventa difficile evocare la paura della destra, visto che questi come la destra ragionano, agiscono, parlano.
Insomma, il “Modello Milano” accomuna la destra, che non a caso sta facendo un’opposizione assai blanda, pro-forma, e la sinistra. La scelta sarà semplicemente: i palazzinari dovranno rivolgersi al Pd o al centro-destra?
Le recenti inchieste che riguardano l’urbanistica milanese delineano un sistema di gestione della città che “Potere al Popolo!”, insieme ad alcune altre sparute realtà dell’ ambientalismo e della sinistra extraparlamentare, denuncia da anni. Le regole dell’edilizia vengono ormai riscritte secondo gli interessi degli speculatori, grazie ai politici complici.
È questo Sistema che ha permesso la svendita di Milano ai fondi immobiliari, con “boschi verticali” al posto del verde pubblico e grattacieli riempiti di appartamenti di lusso costruiti nei cortili delle case, fatti passare per semplici ristrutturazioni.
LE “MANI PULITE” DI BEPPE SALA
Ma Beppe Sala non solo ha detto che non si dimetterà. Ha avuto l’ impudenza di rivendicare con orgoglio il “Modello Milano”, che ha costretto migliaia di persone normali ad andarsene o a vivere con costi insostenibili. Ha affermato la necessità assoluta di portare avanti i “progetti” di “riqualificazione urbana”, a partire da quello di San Siro.
La cosa incredibile dunque è che, pur di non andare ad elezioni, Sala resterà. Ancora per due anni, ci parlerà delle sue “mani pulite”, perché l’assessore dimissionario, i presidenti di commissione, ecc. agivano “a sua insaputa”.
Gli concederanno tutto, tanto i suoi sodali di maggioranza come i finti avversari della minoranza sono spaventati, altro che “cambiamenti urgenti”.
CONTRO SPECULATORI E POLITICI COMPLICI ORGANIZZIAMO L’ALTERNATIVA!
Sono anni che “Potere al Popolo!” ripete che questo modello di città è marcio . Continuerà a ribadirlo, finché la cricca degli speculatori e la politica che li sostiene non sarà sconfitta.
È sbagliato pensare che la tempesta giudiziaria che oggi si è abbattuta su Sala e sul suo assessore all’urbanistica Tancredi (già Dirigente di lungo periodo del Dipartimento trasformazioni urbane)- l’unico che finora si è dimesso- sia da addebitare totalmente ad un clima di reciproche compiacenze tra “tecnici” e faccendieri dei poteri immobiliari e finanziari.
Tutto è cominciato quasi trent’anni fa con l’allora assessore all’urbanistica di Comunione e Liberazione Lupi (Giunta Albertini), AD di Fiera Congressi in aspettativa, che per cavare dai guai il Presidente CL di Fondazione Fiera Roth nominato dal Presidente della Regione il CL Formigoni, a fronte dei 250 milioni di debito fuori bilancio causati dalle pazzie egolatriche di un’ altra archistar, Fuksas, nella realizzazione della Nuova Fiera a Rho-Pero, accettò di far accumulare 1 milione di metri cubi di nuovi edifici sull’area della vecchia Fiera, anche quando l’area fu poi acquistata da Citylife per più di 500 milioni di Euro. Con essi Fondazione Fiera pagò il debito imprevisto e col surplus entrò nel giro delle aree acquistate come agricole e divenute edificabili nel dopo Expo.
Da allora in poi con Moratti-Masseroli e Hines-Coima-Catella su Porta Nuova prima e Pisapia-De Cesaris e Sala-Maran poi sugli ex scali ferroviari lasciar lucrare alla finanza immobiliare è stata tutta una linea di continuità tra “cementodestra” e “cementosinistra”.
Lo rivendicava tempo fa con lucido orgoglio il dominus dell’immobiliarismo finanziario milanese, il già citato Manfredi Catella.
Il tutto incensato da quell’ambito culturale arrogante, connivente, nutrito dal trogolo del potere locale, che salvo poche eccezioni continua a tacere.
E- quel che è peggio- con il sostegno dei “Verdi”. Tre consiglieri comunali più una assessore all’Ambiente, totalmente inutili, che hanno accettato tutto l’operato della giunta dedita alla più sfrenata speculazione edilizia. Oggi come AVS scaricano Tancredi, rimangono in maggioranza e appoggiano ancora Sala incitandolo a dimostrare il suo valore in una nuova fase di discontinuità….
Sin quando non nascerà qualcosa che dia voce ai cittadini liberi e onesti, che vogliono cambiare davvero, sarà difficile modificare questa situazione. Specialmente se si pensa di spendere il poco delle forze di alternativa che restano, nell’eterna negoziazione dell’ennesimo “progetto elettorale”. Ciò nel tentativo di mettere insieme una coalizione tesa ad un’ “inversione di tendenza”, che poi diventerebbe complicità nel riciclo dei personaggi che hanno condotto la metropoli lombarda a questo punto.
La strada intrapresa da “Potere al Popolo!”, a Milano come a Brescia, è un’altra.

Fare politica creando e stimolando movimenti di protesta tra le persone ed esercitando una non conciliante pressione sulle istituzioni. Il che può portare a due risultati: costringere intanto le istituzioni stesse a fare concessioni, creare una base di voti che riesca ad ottenere una presenza istituzionale.
FRANCESCO ROVARICH