BRESCIA E I MIGRANTI: LA SINDACA GETTA LA SPUGNA

A metà del mese scorso, sotto la pressione della forsennata campagna razzista dei neofascisti locali, sostenuta dall’ opposizione leghista e di Fratelli d’ Italia in Loggia, la sindaca ha gettato la spugna.

Dapprima si era dovuto constatare che le famose “spaccate” nei locali palestinesi (ma non solo) della ristorazione del centro storico non erano state opera di “fasciosionisti” organizzati, bensì di un banale ladro 30enne di origini straniere, residente in provincia, sfuggito ad ogni circuito di accoglienza e già indagato in precedenza per furti in esercizi commerciali.

Poi veniva diffusa una rilevazione: nei primi cinque mesi del 2025, erano arrivati nel Bresciano altri 249 richiedenti asilo, di cui 13 a maggio.

Come suo solito, Castelletti aveva scaricato- nel corso di una conferenza stampa appositamente convocata- le responsabilità che spettano in materia anche alla sua Amministrazione, sull’ altra parte dello schieramento politico di Sistema.

In questo senso, aveva dichiarato che sono soltanto 45 su 206 i Comuni del Bresciano che danno il loro contributo per l’accoglienza. Ciò, a suo dire, soprattutto per ragioni di scelte politiche, in quanto le giunte di destra non ne vorrebbero sapere di extracomunitari.

Aveva inoltre denunciato la mancanza di progettualità della Provincia e della Prefettura riguardo le richieste che arrivano dal mondo del lavoro. Aveva infine lamentato l’assenza di iniziative strutturate di alfabetizzazione al fine dell’inserimento dei migranti stessi. Per questo insieme di motivi essi facilmente farebbero perdere le loro tracce.

Castelletti aveva concluso che i richiedenti asilo dovevano essere distribuiti meglio. “Non può essere che ogni volta che il governo decide che queste persone stazioneranno a Brescia, il peso ricada esclusivamente sul capoluogo. Non possono pensare che ogni volta che c’è uno sbarco e viene definito dal Governo Meloni e dal Ministero degli Interni con il Ministro Piantedosi dove i migranti devono andare, se vanno indicando Brescia, è Brescia Città. No. E’ Brescia e la sua provincia”. Si trattava anche di ragionare- come spiegava- “in prospettiva, in vista della bella stagione e dell’aumento degli sbarchi”, per non caricare “tutto sul capoluogo”.

Migranti considerati dunque merce da smistare (poi ci si stupisce se l ‘ “egemonia culturale”- chiamiamola così- della destra è forte).  

Un modo come un altro, insomma, per dare un po’ di soddisfazione ai militanti di Forza Nuova, Casa Pound e altri gruppi del genere riuniti nei cartelli “Brescia ai Bresciani”, “Difendi Brescia”, ecc.. E per evitare, magari, di essere ulteriormente presa di mira da questi sostenitori della “remigrazione” e dell’ esistenza di un complotto di Soros finalizzato ad attuare una sostituzione etnica proprio a Brescia.

Vari dati aggiornati ed emersi successivamente alla conferenza stampa, tuttavia, sembrano smentire il vittimismo di Castelletti. La realtà sarebbe piuttosto diversa rispetto a quella da lei  descritta.

Nei primi dieci comuni della provincia per numero assoluto di migranti accolti nei CAS (Centri di Accoglienza Straordinari), Brescia risulta soltanto seconda. E’ superata infatti da Montichiari e seguita da comuni come Gambara, Edolo, Lonato del Garda e Ospitaletto, guidati da giunte di destra.

Anzi, in proporzione alla popolazione residente, Brescia è ultima. Questo significa che, nonostante le dimensioni e il ruolo di capoluogo, la sua incidenza nell’accoglienza è più contenuta rispetto a quanto avviene altrove.

Ci sono nel Bresciano dunque sindaci – spesso alla guida di piccoli comuni – che si fanno carico di numeri di migranti anche superiori in rapporto alla popolazione residente, mantenendo equilibrio e coesione sociale. In molti di queste località la presenza di extracomunitari non ha mai generato particolari problemi. Il motivo è semplice: laddove vi è controllo del territorio e fermezza amministrativa, c’è anche il rispetto delle regole.

E dei 45 Comuni che formano la rete di accoglienza, 17 sono addirittura sotto i 5.000 abitanti. Questo rivela che essa è capillare e sostenuta anche da realtà piccole.

A Brescia, invece, il tema della sicurezza non può certo essere scaricato sulla presenza dei CAS.

Il problema appare piuttosto legato a una situazione generale di degrado sociale, che deriva da una incapacità dell’amministrazione comunale di affrontarlo adeguatamente.

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