FAME

Sembra incredibile, ma a quanto emerge dalla nuova indagine di ActionAid, contenuta nel rapporto “Fragili equilibri” con dati relativi al 2023, anche Brescia e la sua provincia sono pienamente coinvolte nella realtà ampia, trasversale e in gran parte sommersa delle oltre 4 milioni di famiglie che in Italia risultano oggi a rischio “povertà alimentare”.

Sembra incredibile una situazione del genere, pensando che nelle banche bresciane si trovano 1 milione di conti correnti con 47 miliardi di euro depositati!

D’ altra parte, ActionAid è un’organizzazione internazionale indipendente impegnata nel sociale attraverso progetti di sviluppo e campagne di sensibilizzazione. Non può essere accusata di faziosità. Le sue indagini dimostrano oggettivamente che il Sistema sta producendo squilibri vistosi ed assurdi perfino in una delle città considerate tra le più ricche d’ Italia.

A crescere di numero nella lotta quotidiana per sfamarsi, è infatti soprattutto la fascia “invisibile”. Quella costituita, cioè, da chi non rientra nelle soglie Istat di povertà, ma non riesce comunque a mangiare in modo adeguato. Stiamo parlando di lavoratori e famiglie con redditi medi, che si ritrovano ormai a dover affrontare il problema.

In un contesto di rincari generalizzati –con aumenti vistosi a due cifre percentuali dei generi alimentari– anche il cibo è diventato una voce di spesa che si è costretti a tagliare. 

Il dato sconcertante dunque è che a Brescia, città con 200.000 abitanti, sono circa 90mila le persone in difficoltà e sono circa 50mila le famiglie, nel Bresciano, sulla soglia di povertà.

Quando si parla di “povertà alimentare” non si intende riferirsi solo al non avere abbastanza cibo. “Povertà alimentare” significa anche rinunciare alla qualità, alla varietà, ai pasti regolari, un mix micidiale che porta alla perdita del valore sociale del mangiare insieme e a danni alla salute.

Le persone tra i 35 e i 44 anni sono le più esposte. E’ questa non a caso una fascia di età in cui si concentrano responsabilità economiche e familiari, spesso senza una sufficiente stabilità. 

La condizione lavorativa è appunto determinante: i tassi più alti di difficoltà ad una regolare alimentazione si registrano tra disoccupati, lavoratori precari e persone escluse dal mercato del lavoro.

La condizione abitativa è un altro fattore chiave: chi vive in affitto a prezzi di mercato è molto più esposto alla “povertà alimentare” rispetto a chi possiede casa o vive in alloggi agevolati.

Anche la composizione del nucleo familiare influisce: le famiglie numerose, monogenitoriali o unipersonali sono più colpite, perché un solo reddito deve coprire spese elevate o perché le entrate non sono adeguate rispetto al costo della vita. 

ROSA EVE